La prima domenica di settembre dell’anno 1465, una fanciulla tredicenne di nome Maria, muta dalla nascita, conduce al pascolo le proprie bestie, come è solita fare ogni giorno.

La giovinetta si dirige verso la zona posta quasi all’estremo nord del territorio di Garlasco dove abbondano boscaglie e rovi di biancospino.

In questi luoghi la fede popolare ha voluto la costruzione di una cappellina dedicata alla Vergine nella quale la Madonna è rappresentata in cattedra con in braccio il Bambino. Proprio a questa immagine la giovinetta è solita rivolgere preghiere e offrire fiori implorando il dono della parola. Quel giorno la fanciulla è appena giunta, con il bestiame, nel luogo del pascolo quando, improvvisamente, il cielo si rabbuia e lampi di eccezionale intensità rischiarano di accecante bagliore tutta la zona.

La giovane Maria, terrorizzata, corre a ripararsi sotto il tettuccio dell’edicola, affidandosi alla Vergine, mentre gli animali, atterriti dai tuoni, fuggono in ogni direzione.

All’improvviso il cielo torna sereno e la fanciulla vede la madre Celeste che sorridendo le dice: “Maria vai a dire alla gente di Garlasco che qui voglio un santuario a protezione di tutta la Lomellina. Saranno tante le grazie che io farò in questo luogo, che i miei figli esperimenteranno i tesori delle mie misericordie”.

Non appena la popolazione di Garlasco apprese dell’apparizione della Vergine alla fanciulla, alla quale aveva fatto il dono della parola, volle chiamarla Benedetta per la grazia che aveva ricevuto. Sappiamo che il parrocco di allora, don Andrea Guazzoni, si prese cura della fanciulla che si ritirò nel monastero, detto forse Vallombrosano, retto dalle monache di clausura e sito al limite ovest di Garlasco, tra Tromello ed Alagna, in prossimità del torrente Terdoppio.